Uno sguardo su come si sviluppava la vita contadina nei secoli passati in Alto Adige.
Il Maso Chiuso e le Viles della Val Badia#
Nei secoli passati la vita dei contadini di montagna era molto dura, specialmente in alcune zone dell’Alto Adige (e delle Alpi in generale) dove la neve in inverno rendeva le condizioni di vita quasi impossibili. In Alto Adige il Maso Chiuso, oltre ad essere un’istituzione con leggi e regole ben precise, era anche il modo migliore per una famiglia di contadini di organizzare il lavoro e la vita quotidiana.
Era anche il modo di assicurare il passaggio dell’eredità ai propri figli dall’altra. O meglio, al proprio primogenito maschio. La secolare legge del maso chiuso, infatti, prevedeva fino a poche decine di anni fa, il diritto di maggiorasco, ovvero il primogenito maschio eredita l’intera proprietà (casa, fienile, terreno), mentre i cadetti, sia maschi che femmine, potevano (beh, in realtà dovevano) intraprendere una carriera militare o ecclesiastica. Unica eccezione, i fratelli potevano restare nel maso come servi.
Questo approccio ha permesso di mantenere nel tempo gli appezzamenti di terreno sempre nelle mani di un’unica persona, a differenza di quanto accade in altri territori dove nel tempo le proprietà si sono ridotte a terrnei anche di poche decine di metri quadrati e quindi sostanzialmente inutilizzabili. Dall’altra parte però, privava i cadetti di ogni mezzo di sostentamento alla morte del padre.
Di tutt’altro tenore, invece l’organizzazione delle Viles, istituzione tipica della Val Badia, la cui presenza, seppure in maniera molto minore, è attestata anche nella vicina zone del Fodòm (Livinallongo).
Infatti, se il maso chiuso rappresentava un’unità familiare singola, indivisibile ed indipendente, la Vila parte da un assunto esattamente opposto. Una Vila, infatti, è un agglomerato di poche abitazioni familiari, indipendenti l’una dall’altra, costruite intorno ad una piazzetta o in fila, lungo la strada che collega al fondovalle. Poiché la natura dei versanti della Val Badia è molto ripida, le Viles più frequenti sono quelle, diciamo così, orizzontali e non circolari.
Fin qui le differenza con il maso sono minime: tante case familiari e indipendenti, ma vicine l’una all’altra, invece che una casa singola, lontana dalle altre. L’altro anello di collegamento è il fienile, annesso alla casa e di proprieà familiare.
Le somiglianze però sono finite qui! Infatti, una Vila è composta non solo da case, ma da una serie di edifici funzionali, ciascuno dedicato ad un’attività. In una tipica Vila, nella piazza centrale, si trovano sempre: la legnaia, il forno per cuocere il pane, il granaio con essiccatoio per i cereali, anche se quest’ultimo si trova spesso annesso al fienile) e la fontana, tipicamente un tronco d’albero scavato. Molto spesso inoltre, poco lontano dalla Vila, si trovava un’altro edificio molto utile: un Mulino ad acqua, («Murìn»), utile per produrre la farina senza fatica.
La domanda segue immediata: ma chi gestiva e chi poteva usare questi edifici? La risposta è semplice e questo è il cuore, la particolarità della Vila: questi edifici erano di proprietà di tutte le famiglie e venivano gestite ed usate di comune accordo, così come le risorse (grano, legna, alimentari). Ogni famiglia poi contribuiva con quello che poteva. Ad esempio, non tutte le famiglie possedevano terreno coltivabile e bosco, quindi alcune provvedevano a fornire granaglie (soprattutto grano, grano saraceno e avena), altre legna, altre portavano la legna, altre ancora si occupavano del Murìn e producevano la farina, altri erano specializzati in lavori manuali: i carpentieri avevano il compito di costruire e riparare gli edifici, mentre i fabbri avevano il compito di costruire e riparare gli attrezzi da lavoro e di uso quotidiano (asce, forconi, pentole, cardini per le porte).
Ultimi, ma non meno importanti, sono il bosco ed il terreno che circondano la Vila: anche questi di proprietà comune, venivano concessi alle varie famiglie a seconda del bisogno e delle circostanze; ad esempio, prendiamo una famiglia con sette figli che procura la legna: se l’anno successivo dei sette figli ne rimanevano 2 (vuoi perché alcuni se ne andavano, vuoi perché si infortunavano), quel lotto di bosco veniva parzialmente riassegnato, per permettere l’approvvigionamento sufficiente. Non esisteva quindi un concetto di «proprietà privata», quanto quello di «proprietà comune», che da una parte permettava una gestione più efficiente delle risorse, dall’altra la capacità della Vila di superare momenti difficili e, soprattutto, le bizze della natura: periodi di siccità, inverni particolarmente lunghi e rigidi, e attacchi di animali selvatici: non dimentichiamo che i grandi predatori (lupi, orsi, linci) erano diffusi in questa zona fino a pochi secoli fa.
L’approccio alla gestione delle risorse naturali e alla vita quotidiana è quindi completamente diverso tra Maso e Viles: nel primo caso, una famiglia doveva provvedere a sè stessa ed alla propria sopravvivenza con poco aiuto dall’esterno, avvalendosi al più di servi assoldati per pochi spiccioli. Nel secondo caso, la condivisione delle risorse autava ad affrontatre la vita quotidiana sapendo di poter contare sugli altri abitanti della Vila.
Nota
Questo è un articolo introduttivo di una serie dedicata alle Vile: seguirà una seconda parte dedicata agli edifici.
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