Un’estate vissuta… avventurosamente!

Estate 2025: Catinaccio!#

Come scritto in precedenza (vedi Le mie attività nel 2025), il tempo per scrivere articoli su questo blog è drasticamente diminuito in quest’anno. Ciononostante, la mia attività in montagna è stata molto intensa. Dopo essermi rimesso in forma e aver superato i grossi problemi strutturali che minano la mia schiena, ho avuto una doppia fortuna: prima trovare un libro, Gruppo del Catinaccio di Andrea Gabrieli (Ugo, non credo che riuscirò mai a ringraziarti abbastanza!), che mi ha svelato nuovi orizzonti e mete poco frequentate, per non dire dimenticate, a due passi da casa. Il libro è infatti un compendio esaustivo sia di tutti gli accessi ai vari rifugi del Catinaccio, comprese le traversate da rifugio a rifugio, che delle varie ascensioni che si possono fare da ciascun rifugio. Esaustivo significa che sono elencati angoli e valli laterali del Catinaccio che nemmeno conoscevo e di creste e cime che nemmeno sapevo si potessero percorrere o salire. Nomi come Piccola Valbona, Piramide di Palvaccia, Forcella delle Vergini, che l’anno scorso nemmeno sapevo esistessero, sono improvvisamente divenuti familiari e rappresentano il mio, nostro parco giochi o, per dirla alla tedesca, il nostro «Kindergarten», perché ci divertiamo come dei bambini!

Divertiamo, sì, in quanto la seconda fortuna fu di scoprire che Carlo, mio vicino di casa, condivideva questa mia passione per gli itinerari fuori dai normali circuiti e sentieri, anche troppo sovraffollati e per l’esplorazione necessaria a trovarli. Insieme abbiamo largamente girovagato per gli angoli nascosti del gruppo del Catinaccio, per tutta l’estate, molto spesso incontrando più camosci che esseri umani: il silenzio e la tranquillità erano le nostre uniche compagne!

Molte delle nostre uscite sia in solitaria che insieme (in totale probabilmente più di 40), sono state impiegate per cercare gli accessi alle varie vallette, cime, itinerari: da una parte il libro infatti è giustamente vago nel descrivere come arrivare ai vari punti di partenza delle salite e traversate, dall’altra le tracce e i percorsi in montagna, specie quelli meno frequentati, sono per loro natura transitori: basta una frana per eliminare una via di salita e ancora meno per cancellare una labile traccia che taglia un ghiaione: questo rende ancora più difficile seguire le indicazioni del libro.

Questo però non ci ha fermato o impedito di esplorare, anzi! La fatica fatta per arrivare, ad esempio, in cima a Quota 2731, la massima cima della Cresta dei Davoi ha aggiunto ancora più soddisfazione alla nostra «impresa». Fatica non solo fisica: trovare un accesso comodo alla Cresta dal sentiero che scende dal Passo delle Coronelle verso la Gardeccia è stata un’impresa di per sé: non volendo scendere fino al «primo risalto di roccia» (l’itinerario del Gabrieli parte infatti da Gardeccia e si stacca dal sentiero molto più in basso), ci siamo inventati una salita per il canalone che risale alla Forca dei Davoi. Soddisfazione doppia quindi, ottimo modo per coronare i nostri sforzi!

«La» forca (forcella) dei Davoi?

Esistono due canaloni che scendono dalla Cresta dei Davoi alla sottostante cengia dei Davoi, sul lato altoatesino del Catinaccio: uno separa le cima Kaufmann e Dejori dalla Cresta, l’altro divide la cresta stessa a meta: una pianeggiante, l’altra che si inerpica ripidamente verso il fianco sud del Catinaccio. A seconda delle fonti, però, viene indicata come «Forca dei Davoi» una delle due. Noi chiamiamo «vera» la prima.

Anche arrivare alla Forcella di Palvaccia è stata una faticaccia! Nell’estate dell’anno scorso, 2024, cercavamo il modo di accedervi perché la parete orientale della Punta Sola, poco distante dalla Forcella, sembrava una falesia perfetta per arrampicare. Dai prati sovrastanti la Haniger Schwaige, con un binocoli, siamo rimasti letteralmente un’ora coi binocoli per cercare di individuare un passaggio attraverso i dirupi quasi verticali per arrivarvi. A questo hanno fatto seguito due o tre tentativi per scovare un passaggio, compreso il primo di quest’anno (vedi in fondo). Ma è stato solo con la salita alla forcella dal versante di S. Cipriano/valle del Ciamin che ci è apparso evidente il sentiero di salita (ben tenuto, ma non numerato) dalla Haniger Schwaige: l’abbiamo percorso in discesa e alla malga abbiamo festeggiato il nostro primo «successo» con una fresca birra.

Questa è stata un’estate di esplorazione, di ricerca e di riscoperta del Catinaccio. Un’estate emozionante e gratificante, grazie anche alle chiacchierate con i gestori dei rifugi e con semplici appassionati, i quali, quando abbiamo raccontato loro dei nostri giri, si sono spesso mostrati stupiti per questo modo ormai quasi scomparso di fare alpinismo, ma ci hanno sostenuto e anche dato suggerimenti che hanno facilitato i nostri giri successivi.

A tal proposito, volevo anche menzionare e ringraziare Sergio, proprietario e gestore del Rifugio Passo Principe: quando siamo arrivati da lui dopo aver risalito la Grande Valbona e disceso la Forcella delle Vergini sovrastante il Rifugio gli dissi: «Questa è la prima volta che arrivo qui dall’alto!». Dopo le spiegazioni e chiacchiere di rito, ci ha prima incoraggiato a continuare nelle nostre attività, poi ci ha permesso di consultare una copia del Colli-Battisti, leggendaria ed ormai introvabile guida del Catinaccio, con l’avvertenza «Non mostratela a nessuno!». Un piccolo gesto, da noi molto apprezzato, anche se probabilmente di scarsa rilevanza per chi non vive la montagna.

In calce a questo post trovate anche la lista (incompleta, la stagione è ancora lunga!) delle nostre avventure, ma non è questa quello che vorrei riuscire a trasmettere. La cosa più importante che porterò sempre con me di questa estate è la soddisfazione di aver (ri)percorso tracce e sentieri dimenticati (lungo i quali a malapena si trova un’impronta, al massimo qualche ometto!), le emozioni di trovare una vecchia traccia ormai quasi cancellata, i panorami incantevoli che gli occhi del turista occasionale e «social» non vedrà mai e che probabilmente non apprezzerebbe e soprattutto vedere dall’alto le formiche che faticosamente risalgono i sentieri affollati 3-400 metri sotto di noi. Questo bagaglio di conoscenze ed esperienze, senza dimenticare le mie prime salite in arrampicata in parete (niente di straordinario, intendiamoci, parlo pur sempre di II/III grado!) è qualcosa che mi ha arricchito molto più di mille salite lungo i sentieri affollati.

Itinerari#

In questa sezione trovate l’elenco di quanto ho completato, da solo o insieme a Carlo durante questa estate. L’elenco verrà aggiornato mano a mano che completiamo altri itinerari. Conto di aggiungere ulteriori indicazioni per ciascun itinerario e anche alcune foto.

Prima di partire…#

Nel caso vogliate percorrere uno di questi itinerari, tenete in considerazione tutti questi punti, in particolare i primi 3.

  1. Tutti gli itinerari segnalati si svolgono in larga parte al di fuori dei sentieri numerati e solitamente battuti.

  2. È obbligatorio calzare scarponi da montagna alti, con suola rigida, se hanno un rinforzo o fascione laterale è anche meglio. Non pensate di affrontare questi itinerari con scarpe da ginnastica o peggio!

  3. In molti degli itinerari è necessario sapersi muovere su terreni instabili (pietraie, ghiaioni) e potenzialmente franosi.

  4. Spesso occorre saper riconoscere una traccia e capire quale sia la migliore da seguire.

  5. L’imprevisto è sempre in agguato: come detto nel corpo dell’articolo, basta poco per cancellare una traccia: trovare un’alternativa spesso non è facile e può allungare di molto il tempo necessario per il percorso.

  6. Conoscere qualche rudimento di arrampicata e saper «mettere le mani» quando serve è un grosso aiuto nella progressione.

  7. I bastoncini sono raccomandati per maggiore equilibrio sui terreni instabili.

  8. Per gli itinerari più difficili (dal II grado in su) è consigliabile portare con sé una corda (anche corta da 20/30 metri), imbrago ed un paio di friends come protezione durante la progressione.

Infine, una ottima forma fisica è assolutamente necessaria. Ad esempio, l’itinerario #15 (traversata del passo del Vajolet) ci ha impegnato per oltre 7 ore: circa due ore e mezza per l’avvicinamento, due ore per la sola salita del passo, in buona parte effettuata in arrampicata, sia libera che con l’aiuto di attrezzatura per proteggere alcuni passaggi delicati e circa due ore e mezza per il rientro, stanchi morti ma soddisfatti.

Elenco#

Scorrete a destra e sinistra per vedere i vari itinerari proposti. Alcuni (solo uno per ora, il #17!) sono corredati da una relazione un po” più tecnica: Fate click sulle Card con il bordo colorato per visionarli.


Commenti, critiche o errori? Scrivetemi una e-mail: